Lemmi spinoziani

07/03/2014

Copertina 1a-3
Copertina 1a-3

Sinossi

La filosofia di Baruch Spinoza, all’impronta, sembra il pensiero creato da una fervida immaginazione piuttosto che dal fendente razionale che incide il modo di pensare i fatti dell’uomo e del mondo. Il filosofo ebreo-amstelodamense si confrontò con la legge razionale fra le più evidenti, estranea ad ogni descartesianesimo, cioè la geometria senza tema di incorrere in facili ubbìe [confutazioni], coeve e postume, in particolare quelle leibniziane (matematiche); kantiane (antinomiche); hegeliane (gli opposti). Bisognava in certo modo ricorrere ad analisi piuttosto insolite sul pensiero del filosofo-molatore di lenti per creare convergenze speculative che oltrepassassero quelle legate ai fatti politici e razionali-conoscitivi sino alla dimostrazione razionale, non banalmente panteistica, di quell’arco di pensiero che si tende dal De Deo sino alla libertà umana che è la manifestazione della forza della mente poiché “Mens humana non potest cum Corpore absolute destrui; sed ejus aliquid remanet quod æternum est’’. 
Secondo questa indicazione l’Autore ha ritenuto di confrontare il “…sed ejus aliquid remanet quod æternum est’’ con la filosofia, soprattutto moderna, dei suoi creatori più radicali, ed altri più flessibili, criticando quelle ramificazioni che si sono estese dalla religione sino alla dimostrazione dell’esistenza di Dio del matematico K. Gödel; oppure lo Spinoza tra la fisica e l’ottica geometrica – probabilmente conobbe anche il Traité de la lumiére di Christiaan Huygens; le valenti “osservazioni’’ al trattato di Robert Boyle “ Del Nitro, della Fluidità e Solidità’’, del 1661 rispondendo all’omaggiante del testo H. Oldenburg, con le quali si svela anche capace sperimentatore chimico ed esperto “vetraio’’ poiché studiò attentamente il testo “L’arte vetraria’’ del fiorentino padre Antonio Neri, et alii; l’esperienza e la metodologia sperimentale secondo R. Boyle e Spinoza; la puntualizzazione delle difficoltà logiche della proposizione XIII del libro II dell’ Ethica; sulle “ letture’’ dell’universo spinoziane e galileiane; intorno alla disputa del “ parallelismo’’ fisico estesa a certe “oξύτης’’ ( scil. acuità) dell’ebreo; alle critiche ontologiche che gli propinò il filosofo F. Herbart e la schizoide indifferenza di Newton – malcelata da Oldenburg – , verso il suo omologo tagliatore di lenti per telescopi. Inoltre concordanze, e discordanze, con Freud; o le differenze sulla επιείκεια (geometria oscura) di Spinoza, così ritenuta da Pascal e dai matematici G. Cantor e, indirettamente, David Hilbert che affermava “ Nous entendons toujours résonner en nous cet appel: Voilà le problème, cherches-en la solution. Tu peux la trouver par le pur raisonnement. Jamais, en effet, mathématicien ne sera réduit à dire: << Ignorabimus >>. Ma, la formula tassativa di Hilbert “…par le pur raisonnement…’’ in luogo di riferirla ai “mathematiciens’’, non potremmo proporla????? anche alla logica geometrica spinoziana? Le proposizioni del Bento hanno la forza del “….pur raraisonnement…’’ ? Crediamo di sì e perciò potremmo sostituire lo “ignorabimus’’ hilbertiano con lo spinoziano “ De natura Rationis est res, sub quadam æternitatis specie percipere’’. 
Dunque lo “ignorabimus’’ è stato doppiamente anticipato, mos geometricus, da Spinoza con “…ergo de Natura Rationis est res sub hac aeternitatis specie contemplari ’’. Pertanto se il matematico riflette e pensa, dunque conosce o crea la matematica, il filosofo ebreo con la natura della ragione pensa per l’eternità: quell’eternità che sollecita, e non vieta, il pensiero creativo. Ed anche la “permeazione’’ spinoziana rilevata in certi aspetti teorico-conoscitivi einsteiniani, affatto estranei alle relatività ma convergenti sui concetti di “conoscenza’’ e “realtà’’, 1921 e 1936, che la “…die List seiner Vernunft…’’ – l’astuzia della ragione –, è tramutata, da Einstein, nella sentenza famosa “ Die Natur ist eine spröde Göttin’’ – La natura è una Dea scontrosa –.